Ragliare non è il massimo.
Non per essere cattivi, ma il raglio dell’asino non è proprio un verso di quelli che staresti ad ascoltare dalla mattina alla sera.
E’ sgradevole, irritante. E sempre uguale. Vogliamo mettere le evoluzioni miagolistiche di un gatto o i virtuosi gorgheggi di un uccellino? Vogliamo mettere l’abbaiare, il ringhiare, l’ululare o l’uggiolare di un cane? Per non parlare dei mille vocalizzi che può fare la scimmia.
No, il raglio è uno di quei versi sempre uguali che ti fanno dire preoccupato: Cos’ha quell’animale? Il mal di pancia? Poveraccio, speriamo che smetta.
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